sabato 29 settembre 2007

Deprimersi un po' fa bene



Oggi è la giornata ideale per deprimersi, pensa.

Qualcuno sta strizzando i panni sulle mie finestre e pare anche che abbia rovesciato l'acqua del bucato per spazzare via l'estate. Comicia a fare un po' freddo, di quel freddo stupido però, che non sai che metterti e che le scarpe non stanno bene coi vestiti che indossi. Ma soprattutto è l'inizio di qualcosa che non volevo. Esattamente come l'anno scorso era l'inizio di qualcosa che volevo. Pensa.

Per cui, per prima cosa mette sul fuoco il bollitore del tè perchè non ci si può deprimere come si deve senza una tazza di tè, possibilmente alla cannella. Si mette anche a riflettere se ci vuole lo zucchero di canna o il miele nel tè. Poi tira fuori la torta di mele che la mamma le ha fatto e che le fa da quasi 30 anni e si siede al tavolo della cucina. Il tavolo è sempre lo stesso: ricoperto da qualche metro di plastica dalla fantasia improbabile.

E lei è sempre la stessa seduta a quel tavolo. Guarda le mele e le pere e pensa a mille soluzioni differenti per uscire dall'ennesima situazione complicata nella quale si è andata a mettere. Ed è nervosa.

In fondo sa che tutto andrà bene. Altrimenti le verrebbe da piangere. Tanto per cambiare. Però si vuole deprimere lo stesso.

Sì perchè deprimersi fa bene in una giornata così. Almeno quanto fa bene uscire quando tornano i brividi della primavera o i tremori adolescenziali dell'estate. Puoi raggomitolarti sulle tue incertezze e forse addirittura esserne felice.

Deprimersi un po', pensa, farà passare prima questa giornata fatta a pozzanghera che non riesci ad attraversare. Anche se ti assicurano che non affogherai.

venerdì 28 settembre 2007

La Gioia del Risveglio




Stella ha un nome brillante, una grande passione per cambiare idea 30 volte nell'arco di un'ora ed un unico oggetto feticcio: la caffettiera. Può andare a letto con un uomo, ma per farci colazione insieme ha bisogno di un anello al dito. Di solito si sveglia di buon umore, o meglio di solito non si sveglia di cattivo umore. Per quello ha tutto il resto della giornata.

Stamattina si è svegliata amareggiata per via di un brutto sogno in cui non uno, ma due fidanzati la lasciavano. Per un lungo attimo si è sentita sfinita (e sfigata), di quella terribile sensazione di sfinimento (e di sfiga) che segue ad un abbandono. Una sensazione di cui per un attimo si era dimenticata, ma di cui nessuno si dimentica mai.

Dopo la sua personale campagna di Russia di ogni mattina (camminare nel corridoio gelido che collega i suoi due piumoni e la sua felpa di pile alla cucina), ha provato ad accendere uno dei due soli fornelli che funzionano a casa sua. In tutto sono quattro, i fornelli: una cucina che andrebbe bene in una sit-com americana - dove tanto non cucinano mai - ma che nell'ennesimo "appartamento spagnolo" della sua vita crea file che ricordano quelle davanti al bagno delle donne di una discoteca newyorkese.

Poi le si è rotta la fetta biscottata sotto il peso del burro mattutino. Quando capita di solito hai due alternitive: o buttare la fetta (e il burro) nella spazzatura o ridurti a spalmare un po' di marmellata su mini fettine biscottatine di forma irregolare. Ma non è la stessa cosa.

Totale. Alle 8.34, Stella ha giá aggiornato la lista del buon risveglio con un "cazzo"e un "vaffanculo".

In ufficio ha ritrovato la sua collega, che ha il pregio di essere molto buona, ma il difetto di essere totalmente scema. Il suo concetto di "divisione del lavoro" consiste nell' appendere un solo vestito in due su un'unica stampella, piuttosto che appenderne due su due stampelle diverse.

Sì perchè per il momento Stella ha deciso di appendere vestiti sulle stampelle in un'agenzia di comunicazione di moda.

Dopo qualche ora, la giornata non accenna ancora a decollare. Rimane lì, sulla pista di un aeroporto ex sovietico in cui non ti diranno mai perchè non siamo ancora partiti.

L'unica alternativa è fare finta come sempre di tenersi impegnata fino alla pausa pranzo e poi andare a cambiare un'orrenda tuta di ciniglia verde militare e rosa (tipo 7 kili in 7 giorni), regalo di compleanno della tipica coppia di amici che adora le gite fuori porta nei fine settimana.

Perchè la moda evidentemente non è destinata a convertirsi nel suo futuro professionale, ma prima di uscire con una tuta di ciniglia per strada dovrebbero farla fuori.

giovedì 27 settembre 2007

I Cibi dell'Attesa



Esistono i vini da dessert e i cibi dell'attesa.I popcorn, per esempio, le patatine fritte, lo yogurt, le noccioline, il formaggio, i cereali, le sfogliatine all'uovo con la crosta glassata, i biscotti, le ciambelline rosa inquietante, il caffè lungo.

Ecco. Se un corpo scelto dell'FBI avesse fatto irruzione in quel momento nella sua cucina non avrebbe trovato nient'altro che questo.

Aveva appena finito - e per fotuna! continuava a dire - di fissare per ore il cellulare in attesa che lui chiamasse. E aveva appena iniziato a portarlo al collo come l'ulima creazione di Tiffany in attesa che un ufficio chiamasse.

Aveva - infatti - l'assurda pretesa di:

- essere richiamata o di ricevere una risposta qualunque da tutti quegli uffici, agenzie, istituzioni alle quali aveva inviato almeno un Curriculum.

- essere chiamata dal 25% di quegli uffici, agenzie, istituzioni per un colloquio.

Ma soprattutto aveva l'assurda pretesa che con una laurea (anche se non in Medicina) con 110 e lode, corsi interaccademici, corsi postaccademici, borse di studio, esperienze all'estero, 3 lingue conosciute, patente, computer, uno straccio di idea di quello che succede nel mondo, stage tipico (caffè+fotocopie+autostima sotto i tacchi anche se di un paio di Jimmy Choo) e alla soglia dei 30 anni a casa coi genitori, i potenziali datori di lavoro non storcessero il naso di fronte all'ipotesi di un contratto a tempo determinato.

Poi ci sono i crostini integrali, la mortadella tagliata alta, le olive dolci, e soprattutto la nutella...

Vita



Un contenitore di plastica pieno a metà di pere un po’ ammaccate, tre bottiglie ancora chiuse di acqua fresca, qualche medicina per le ossa. La sua vita è tutta lì, in un frigo che non aspetta più visite. Però lei le visite continua ad aspettarle e nel congelatore tiene da vent’anni un po’ di gelato alla stracciatella.

Si sveglia la mattina quasi all’ alba e si prepara un caffé. Se qualcuno le ha commissionato un po’ di pasta fresca, ha qualche speranza di arrivare all’ora in cui aprono i negozi senza annoiarsi troppo. O all’ ora in cui è lecito telefonare a qualcuno. Per parlare o per chiedere aiuto.

Va di fretta anche se non ha niente da fare. Conosce il modo di non fare la fila per ritirare la pensione. Conosce tutti i percorsi degli autobus della sua città. Sa come cavarsela pur non sapendo né leggere e né scrivere.

Ogni inverno compra al mercato dei calzettoni di lana colorati per sua nipote, senza pensare che è lei che muore di freddo nella sua ennesima casa in affitto.La cosa più difficile della sua vita non è stata crescere da sola quattro figli.

La cosa più difficile è stata riuscire a crescere quattro figli senza destare nella gente il sospetto di fare la puttana in casa altrui.È sola, come tutte le persone libere.

Ogni giorno, con un po’ di fortuna, si sente ancora esattamente come quando scappava con le scarpe appese al collo per andare a ballare.

Confonde le notizie al telegiornale e non ha la minima idea di dove sia la Spagna. Pensa solo a come arrivare alla fine della giornata pur non pensandoci affatto.

La sua vita continua ad essere eroica e non lo sa.